xxvaprile 2023 – la festa

Buongiorno a tutte e tutti voi. Saluto le autorità e mi inchino davanti al libero gonfalone della città di Parma, la cui medaglia d'oro brilla come non mai nello spirito indomito di questa città profondamente antifascista.

Porto il saluto di ANPI provinciale e delle altre associazioni partigiane Alpi e Anpc. Nel giorno che rappresenta la Festa della Liberazione in cui tutte le persone autenticamente democratiche dovrebbero identificarsi vorrei focalizzare due elementi, la Resistenza e la Costituzione, i due fari luminosi, due momenti indissolubili della stessa vicenda della storia d’Italia rinata dopo il fascismo e la guerra. Dove cade l’una, cade anche l’altra. Dove la prima

si rinvigorisce, anche la seconda si rafforza e si compie. Alcuni mesi fa la Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, ha compiuto 75 anni di vita; occorre fare una profonda riflessione. Ma il bilancio della Costituzione non si potrà fare se non si farà insieme il bilancio dello spirito della Resistenza.

Sentiamo attorno a noi le solite obiezioni e la devastante opera demolitrice del revisionismo vero, quello che vuole equiparare fascisti e antifascisti in una melassa grigia deresponsabilizzante.

Analizzando affermazioni e comportamenti che si insinuano diffondendosi all'Interno degli organi dello Stato e della società civile, si alimenta la falsa convinzione che compiere rastrellamenti o stragi di civili e combattere per liberare l’Italia dal totalitarismo siano azioni che hanno, specularmente, lo stesso valore. Azioni ignobilmente parificate e destinatarie della ricerca di inopinata pacificazione.

Per cui è lecito domandarsi: esiste ancora lo spirito della Resistenza?

E se esiste, non è esso alimentato da pochi e sparuti fedeli che sono una piccolissima minoranza di pazzi in una nazione di savi?


E infine, fossero pur molti i fedeli, non è la situazione di oggi tanto mutata da quella in cui la Resistenza operò, che è assurdo e inutile, pretendere di tramandarne lo spirito?

Primo: lo spirito della Resistenza non è morto. E’ morto in coloro che non l’hanno mai avuto e a cui del resto non lo abbiamo mai attribuito. Che non sia morto è dimostrato dal fatto che non vi è grave evento della nostra vita nazionale in cui non si sia fatto sentire ora per elevare una protesta, ora per esprimere un ammonimento, ora per indicare la giusta strada della libertà e della giustizia.


Secondo: che i devoti dello spirito della Resistenza fossero una minoranza, lo abbiamo sempre saputo e non ce ne siamo né spaventati né meravigliati. In ogni nazione i savi, cioè i benpensanti, sono sempre la maggioranza; i pazzi, cioè gli ardimentosi, sono sempre la minoranza. Come al teatro: quattro attori in scena e mille spettatori in platea, i quali non recitano né la parte principale né quella secondaria; si accontentano di assistere allo spettacolo per vedere come va a finire e applaudono il vincitore.

Terzo: sì, la situazione è cambiata, non c’è più la guerra, lo straniero in casa, il terrore nazista. Ma quando invochiamo lo spirito della Resistenza, non esaltiamo soltanto il valore militare, le virtù del soldato che si esplica nella guerra combattuta, ma anche il valore civile, le virtù del cittadino di cui una nazione per mantenersi libera e giusta ha bisogno tutti i giorni, quella virtù civile che è fatta di coraggio, di prodezza, di spirito intrepido, ma anche, e più, di fierezza, di fermezza nel carattere, di perseveranza nei propositi, di inflessibilità. Ciò che ha caratterizzato il partigiano è stata la sua figura di cittadino e insieme di soldato, una virtù militare sorretta e protetta da una virtù civile. Non vi è nazione che possa reggere senza la virtù civile dei propri cittadini. Ebbene l’ultima rivelazione di questa virtù è stata la lotta partigiana.

Lì la nazione deve attingere i suoi esempi, lì deve specchiarsi, lì troverà e lì soltanto, le ragioni della sua dignità, la consapevolezza della propria unità, la sicurezza del proprio destino. Proprio qui nella nostra amata piazza, di fronte a noi, sotto il palazzo del Governatore, nel settembre del 1944 vennero fucilati dalla brigata nera sette cittadini inermi dopo indicibili

torture, vittime di rappresaglia fascista.

Tra i sette c'era anche mio nonno materno Eleuterio. Se oggi mi trovo qui davanti a una piazza così viva e pulsante significa che quelle morti non furono vane, nulla andrà perduto se avremo la forza e la volontà di tramandare la memoria e renderla attuale.


Concludo salutandovi caramente e con altrettanto affetto vorrei ricordare oggi e ogni giorno che verrà i nostri Partigiani e le nostre Partigiane che per far sì che noi potessimo vivere da individui liberi hanno donato il bene più prezioso che avevano a loro disposizione: la vita!

Viva la Costituzione Antifascista!

Viva la Resistenza!

Viva il 25 Aprile!


le immagini dal territorio provinciale