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1° Marzo – Il saluto alla manifestazione del Presidente del comitato provinciale ANPI Parma, Nicola Maestri

Sabato 1 marzo 2025, Parma, città medaglia d'oro della Resistenza, ha ospitato una grande manifestazione antifascista che ha visto la partecipazione di oltre 5000 persone, unite dalla volontà di condannare ogni forma di fascismo e di difendere i valori di libertà e democrazia.

Il corteo, che è partito dal monumento al Partigiano, è stato un momento di forte partecipazione civica, simbolo del rifiuto di Parma e dei suoi cittadini a qualsiasi manifestazione di odio e intolleranza. In testa al corteo, il sindaco Michele Guerra e Franco Torregiani per la Provincia di Parma, hanno guidato la manifestazione che ha rappresentato non solo una protesta contro il neo-fascismo, ma anche un momento di riaffermazione dei valori che hanno guidato la Resistenza, fondamento della città 

Le parole del presidente del comitato provinciale ANPI di Parma
Nicola Maestri

Buongiorno a tutte e a tutti gli antifascisti che si indignano, a tutte le persone che non accettano che gruppi di neofascisti che fanno dell'odio e della discriminazione la loro cifra, possano invadere e infestare una città come Parma, medaglia d'oro alla Resistenza e al valor militare.

ANPI provinciale Parma, le istituzioni così come i sindacati, i partiti, le associazioni, la società civile, i singoli, è in prima fila e al fianco di chi democraticamente si riconosce nella Carta Costituzionale e ne rispetta e pretende l'applicazione in tutti i suoi articoli. [...]

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La Costituzione italiana è costitutivamente antifascista: non tanto e non solo perché essa contiene la famosa XII disposizione transitoria e finale, che vieta "la ricostruzione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista." Quanto perché ogni singolo articolo della Costituzione, soprattutto nella parte in cui si dichiarano i principi fondamentali sui quali si regge la Repubblica, è scritto in trasparente antitesi alla teoria e alla prassi del fascismo. Basterebbe questo per condannare definitivamente quello a cui la Storia ci ha già sottoposto. Ma oggi serve di più visto le derive autoritarie e securitarie che l'Italia e il mondo occidentale stanno mettendo in atto. Ci troviamo quindi a dover rispondere ancora una volta, sotto le pressioni incessanti, a provvedimenti discriminatori e retoriche xenofobe a servizio dei potenti mentre si dichiarano amici del popolo, questa è una deriva in cui si crea la legittimità degli squadrismi, dell’ambiguità istituzionale, della minimizzazione, dell’altrismo e dell’indifferenza, verso cui è doveroso ricostituire una linea storica che rispetti i suoi eroi e che difenda le vittime dell’oggi e del domani. “Dove un fascismo, non è detto che sia identico a quello, un fascismo cioè un nuovo verbo, come quello che amano i nuovi fascisti d’Italia, cioè che non siamo tutti uguali, non tutti abbiamo gli stessi diritti. Dove questo verbo attecchisce alla fine c’è il lager, questo lo so con precisione. Alla fine del fascismo c’è il lager”. Così disse Primo Levi. Mentre Giacomo Ulivi ci ricorda: “non dite di essere scoraggiati, di non volerne più sapere. Pensate che tutto è successo perché non ne avete più voluto sapere”. Proprio con Giacomo Ulivi, come fece nella sua lettera, nei suoi pensieri, vorrei parlare a voi, a noi.

“Soprattutto, vedete, dobbiamo fare noi stessi: è la premessa per tutto il resto. Quanti di noi sperano nella fine di questi casi tremendi, per iniziare una laboriosa e quieta vita, dedicata alla famiglia e al lavoro? Benissimo: è un sentimento generale, diffuso e soddisfacente. Ma, credo, lavorare non basterà; e nel desiderio invincibile di "quiete", anche se laboriosa, è il segno dell'errore. Perché in questo bisogno di quiete è il tentativo di allontanarsi il più possibile da ogni manifestazione politica. È il più terribile, credetemi, risultato di un'opera di diseducazione ventennale, di educazione negativa, che martellando per vent'anni da ogni lato è riuscita ad inchiodare in molti di noi dei pregiudizi. Fondamentale quello della "sporcizia" della politica. Lasciate fare a chi può e deve; voi lavorate e credete, questo dicevano: e quello che facevano lo vediamo ora. Di fronte a qualche vacua, rimbombante parola che cosa abbiamo creduto? Ci siamo lasciati strappare di mano tutto, da una minoranza inadeguata, moralmente e intellettualmente. Credetemi, la "cosa pubblica" è noi stessi, per questo dobbiamo curarla direttamente, personalmente, come il nostro lavoro più delicato e importante. Perché da questo dipendono tutti gli altri, le condizioni di tutti gli altri. Per questo dobbiamo prepararci. Può anche bastare, sapete, che con calma, cominciamo a guardare in noi, e ad esprimere desideri. Oggi bisogna combattere contro l'oppressore. Questo è il primo dovere per noi tutti: ma è bene prepararsi a risolvere quei problemi in modo duraturo, e che eviti il risorgere di essi ed il ripetersi di tutto quanto si è abbattuto su di noi.”

La città di Parma, la sua Provincia, le comunità che vivono questi luoghi hanno avuto la fortuna di avere grandi e preziosi esempi, che hanno subìto le violenze e i soprusi di queste squadracce fasciste senza mai piegarsi definitivamente. Vent'anni di dittatura, di odio, di discriminazione, di macerie e lutti infiniti, per quanto si provi, non si cancellano facilmente, e noi siamo quelli che hanno le spalle larghe e le menti lucide per rivendicarne i frutti, le nostre radici affondano nelle partigiane e nei partigiani che hanno saputo soverchiare forze micidiali e sovrastanti, il nostro faro si chiama Caduti per la Libertà, il nostro nome corrisponde a Carta Costituzionale, quella su cui ogni istituzione giura e ha giurato e oggi dichiariamo a gran voce, con la forza della storia, NON PASSERANNO, NON PASSERANNO.

PARMA e le sue genti erano, sono e resteranno identitariamente ANTIFASCISTI!!!

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Comitato Provinciale 08.02.2025

Proposta Festa provinciale per l’80° della Liberazione

Relazione introduttiva di Nicola Maestri Presidente Comitato Provinciale ANPI Parma

Buongiorno e benvenuti a questo Comitato Provinciale che come avrete notato è focalizzato soprattutto sulla proposta che successivamente vi verrà illustrata nel dettaglio e a cui hanno lavorato Paolo Papotti e Fausto Villazzi. Prima però di discutere le varie eventualità organizzative e logistiche mi vorrei soffermare con voi sulle motivazioni che ci hanno spinto a formulare un’ iniziativa di questa portata. Quest’anno come sappiamo ricorre l'ottantesimo, il prossimo 25 aprile, della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. [...]

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 Le iniziative si susseguono per rendere degna questa data così importante e ciò avviene in un clima piuttosto pregno di preoccupazione all’orizzonte. Se il Presidente della Repubblica Mattarella è sinonimo di garanzia storica e istituzionale che non perde occasione per rimarcare le nostre radici antifasciste, la stessa cosa non si può dire per la compagine governativa attuale, che si barcamena quotidianamente su questo argomento, balbettando a sproposito di Nazione e Patrioti, eludendo volontariamente la Storia alle nostre spalle, che vede l’attuale partito di maggioranza relativa erede diretto di chi non è tra i creatori della nostra Carta Costituzionale. A volte il nostro Paese sembra soffrire di una profonda amnesia. C’è un processo storico che non ha avuto luogo, mi riferisco al fatto che non si sono fatti realmente i conti con il ventennio fascista. In ottant’anni, nel tentativo di mantenere pulita la memoria del paese, non abbiamo affrontato con determinazione i crimini che il fascismo ha commesso anche grazie alla connivenza degli italiani e quindi oggi, per molti, dato che non si conoscono i delitti del fascismo pare quasi che il fascismo di delitti non ne abbia commessi. Hegel diceva che nella storia ogni fatto si ripete due volte, mentre la correzione che apportò Marx fu che la prima volta il fatto si verifica come tale, mentre la seconda volta come farsa. Se aggiungiamo infine il pensiero di Gramsci, quando allude al fatto che la Storia sia maestra di vita ma non ha alunni, voi capite bene che occorre il massimo di allerta, attenzione e impegno civile. Viviamo purtroppo l’epoca dell’oblio e della delega in bianco, in un momento storico che invece richiederebbe drammaticamente analisi profonde, ardore, assiduità, dedizione, fervore, presa di coscienza. Viviamo l’epoca della zavorra, come sarebbe corretto definirla, per cui decisamente piú semplice alleggerirsi di tutto per dedicarsi solo al superfluo e alle cose che non appesantiscono l’anima. Per cui perché affannarsi con la politica? Deleghiamo Lui lì che sicuramente curerà i nostri interessi. Ancora meglio: Lei lì, per ripiombare sull’attualità. Diritti umani, ambiente, giustizia sociale? Ma che pesantezza! Vuoi mettere Elon Musk che vuole arrivare su Marte? E così, in modalità silente abbiamo dato in appalto le nostri menti e i nostri cuori agli oligarchi che muovono le leve del mondo, a individui senza scrupoli esageratamente ricchi che minano l'architrave della convivenza civile, sempre alla ricerca del nemico pubblico da stanare, da combattere e da mettere alla berlina. Attraverso la globalizzazione informatica abbiamo lasciato che i social ci anestetizzassero le coscienze, siamo una civiltà piegata su se stessa, siamo attorcigliati al nostro ego, e senza battere ciglio ammantati da questo capitalismo bestiale, irriverentemente sfacciato e imperante, ci siamo lasciati scippare la nostra umanità. Ma noi siamo l’Anpi, e abbiamo una lunga storia alle nostre spalle, le nostre radici sono la partigiane e i partigiani che hanno saputo soverchiare forze micidiali e sovrastanti, il nostro faro si chiama Caduti per la Libertà, il nostro nome corrisponde a Carta Costituzionale, quella su cui tutti i sindaci e i parlamentari di ogni risma hanno giurato. E la proposta che andremo a formulare tra poco ha questo fondamento, nasce cioè dall’esigenza di rimettere un popolo in cammino. Non ci sentiamo il centro del mondo, per carità, ma riteniamo sacrosanto farci portatori di qualcosa di diverso, per cui ritrovarci significa tornare ad incontrarci, uscire dal virtuale, dare forza alla socialità, costruire qualcosa che rafforzi anche la nostra identità e ci aiuti a ritrovare la strada che il Paese sembra aver smarrito. E chi è sicuro della propria identità deve cercare alleanze a tutto campo, nella società più che nel Palazzo. La destra abbiamo visto, divide, in America, Europa, Italia, e prospera nelle stesse fratture che crea. Il progetto alternativo deve avere la forma rassicurante, gentile, ma combattiva, testardamente determinata, di chi vuole unire. Non siamo un partito, è chiaro e nemmeno dobbiamo ambire a diventarlo, ma il nostro compito attuale deve guidarci in questa direzione e deve avere lo spirito del CLN, si, quello del Comitato di Liberazione Nazionale. Spero di non essere frainteso, ANPI però a mio avviso, deve saper leggere e interpretare questa nuova fase storica che stiamo attraversando, probabilmente di un livello critico mai così alto dalla fine della seconda guerra mondiale. Unire quindi anziché dividere, che rimane un cancro che storicamente ha divorato, attanagliato e continua a erodere il mondo progressista. A noi tocca anche questo, siamo ANPI, siamo un’istituzione. Dobbiamo essere consapevoli del compito che la Storia ci assegna, ma con altrettanto realismo, per tornare alla proposta iniziale, dobbiamo capire oggi, molto più prosaicamente, se abbiamo le forze per mettere in campo un progetto di questa portata. Questa è la fotografia, tocca al Comitato Provinciale, cioè a tutti noi, capire se siamo in grado di dare vita a questo momento unitario e identitario. Ripeto il concetto che ho espresso anche in segreteria provinciale, giusto per sgombrare il campo da equivoci. Sono consapevole della difficoltà della proposta, ma di questa Festa Provinciale, una volta che avremo compreso la sua fattibilità o meno, ne sortiremo insieme le modalità. Però vorrei che fosse chiaro che non deve essere una scelta obbligata. Qualora non ci fossero le condizioni per poter costruire qualcosa di saldo sarei il primo a trarre le conclusioni e prenderne atto. Sono altresì convinto però, che l’unione delle forze possa creare entusiasmo che in alcune circostanze può tramutarsi in prezioso carburante. Questa consapevolezza vorrei investisse tutto il Comitato Provinciale, nella convinzione intima che se ragionata, soppesata, ben organizzata, con l’impegno responsabile di tante persone, potrà essere un bel momento di crescita collettiva per la nostra Associazione e al tempo stesso avremo dato un buon contributo alla causa dell’antifascismo e di chi combatte quotidianamente contro l’indifferenza.


Commenti disabilitati su Comitato Provinciale 08.02.2025

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Per una nuova Festa Provinciale

COMITATO PROVINCIALE 09.02.2025 Nel corso dell'assemblea, il vice presidente Fausto Villazzi, ha presentato il documento della segreteria provinciale volto a coinvolgere tutta la comunità della nostra associazione sulla possibilità di riproporre la Festa Provinciale ANPI Il documento è stato approvato all'unanimità


MEMORIA PASSIONE PER IL PRESENTE SLANCIO PER IL FUTURO


Un appuntamento politico

La festa ANPI rappresenta una grande occasione per celebrare i valori della dell’Antifascismo, della Resistenza e della Costituzione. Fare festa, dunque, come rievocazione e attualizzazione dell'appartenenza sociale, un appuntamento con la Storia che ha il senso di non cedere all'oblio della superficialità contingente in nome di una pseudo modernità rinnegatrice: la festa ci ricorda ciò che uomini e donne - protagonisti nella Storia - hanno fatto per noi. È un richiamo all'intimo senso di partecipazione emotiva.

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In una attualità in cui il senso di appartenenza ai valori democratici sono messi alla prova da esaltazioni neofasciste e da autoritarismi nel governo della cosa pubblica a tutti i livelli, celebrare l'ottantesimo anniversario della Resistenza con una festa organizzata dall’ANPI non è un semplice e solo evento commemorativo. È di più. È rappresentare un patrimonio collettivo per sottrarlo dalle superficialità e dalle ostilità che manifestano detrattori di diverse e opposte posizioni, che vorrebbero l’ANPI secondaria o inutile nell’attualità. È affermare la nostra diversità.

Un luogo di incontro

Uno spazio inclusivo, dove persone di tutte le età e provenienze possono incontrarsi e confrontarsi. Ricordare insieme gli ideali sanciti nella Costituzione, frutto di chi ha lottato per la libertà, crea un legame tra generazioni diverse e offre una base per discutere di diritti, democrazia e partecipazione civica in un clima conviviale. Un'opportunità preziosa che vogliamo offrire per rinnovare il senso di comunità, nello sforzo di coinvolgere persone e attrarre energie positive che si generano in queste occasioni.

Un impegno di tutti

Impegno collettivo e pianificazione attenta, coinvolgono una serie di aspetti. Dare vita a una festa provinciale richiede un impegno corale e lo sforzo collaborativo di tutte le sezioni del territorio. Per la buona riuscita è fondamentale che ogni sezione metta a disposizione risorse umane, idee e competenze. Ognuno può dare il proprio contributo, è attraverso l’unione delle forze che possiamo dar vita a un evento capace di rappresentare pienamente i valori e le aspirazioni della nostra associazione. Partecipare attivamente non significa solo lavorare insieme, ma anche rafforzare il legame che ci unisce nella comune lotta per la democrazia e i diritti. Solo con il contributo di tutti, la festa provinciale dell’ANPI potrà essere un vero successo e un momento significativo per la nostra comunità. Il volontariato è un elemento cruciale e complicato. Mobilitare tante persone per coprire tutte le necessità non è facile. Senza un numero adeguato di volontari, la struttura crolla. Per questo è necessario essere chiari e correnti fin da ora, per evitare di ritrovarsi nella frustrante situazione di dover contare su pochi a far fronte alle numerose attività necessarie gestire la complessità della festa. Motivi che ne escludono la realizzazione. Organizzare una festa è una sfida complessa che richiede tempo, risorse umane, economiche e collaborazione attiva.

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80° anniversario dell’eccidio del CUP a Bosco di Corniglio/2

20 ottobre 2024

TOMMASO MARTINELLI

22 anni

ANPI COLLECCHIO


Alla base di questo mio breve intervento, ci sono due quesiti di fondo a cui cercherò di dare risposta: 1) che cosa mi ha spinto ad entrare nella grande famiglia ANPI in così giovane età ? 2) Perché un ventenne, nel 2024, dovrebbe iscriversi alla nostra associazione ? Per rispondere alla prima domanda, vorrei tentare un azzardatissimo parallelo storico tra due persone, nate dalla mia fantasia che per semplicità chiameremo entrambi Mario Rossi. [...]

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Un Mario Rossi nato nel 2002 e un Mario Rossi nato 80 anni prima nel 1922.

Partiamo dal Mario Rossi nato nel 2002. Il nostro Mario frequenta le scuole elementari, le medie e le superiori. Poi si iscrive all’università e con qualche difficoltà cerca di

barcamenarsi con gli studi. Oserei dire una vita tranquilla, una vita normale.

Pensiamo ora, invece, al suo alter ego nato all’inizio del 1922. A pochi mesi dalla nascita Mario vive le gloriose giornate di Agosto, quando a Parma gli abitanti dell’Oltretorrente erigono le barricate e impediscono ai fascisti di entrare nei loro borghi. Naturalmente Mario non ricorda direttamente queste gesta, se non attraverso le parole dei suoi cari. Così come non ricorda che sempre in quell’anno, ad ottobre, Mussolini prende il potere a seguito della Marcia su Roma.

Il nostro Mario cresce e frequenta le scuole elementari fascistizzate, se è fortunato fino alla quinta, se deve aiutare il babbo nei campi o in bottega fino alla terza.

A 17 anni scoppia la seconda guerra mondiale, a 18 anni anche l’Italia entra nel conflitto, a 20 anni viene arruolato nell’esercito e a 21 anni, a seguito dell’8 settembre, decide di salire in montagna.

Fino a 23 anni rimane in questi monti e verso la fine di aprile può finalmente scoprire il significato della parola Libertà.

Credo, dunque, che la risposta migliore al quesito iniziale sia proprio questa: la mia scelta di entrare in ANPI è dovuta alla consapevolezza che la piccola porzione di mondo in cui viviamo sia più libera, più giusta e più uguale, rispetto a quella di 80 anni fa, grazie alla lotta e alle fatiche di Mario e alle migliaia di altri ragazzi e ragazze che come lui imbracciarono il moschetto e andarono su in montagna a combattere quel regime che li avevi privati di tutto per più di vent’anni.

Veniamo ora alla seconda domanda, se è vero tutto quello che ci siamo appena detti, perché un ragazzo di vent’anni di oggi dovrebbe ancora iscriversi alla nostra associazione?

Credo che l’errore più grosso da non commettere sia proprio quello di considerare i diritti di cui godiamo come assodati e irrevocabili, non è così. Ci dimentichiamo che non è stato così per migliaia di generazioni prima di noi.

Così come sono stati conquistati, possono essere persi e lo vediamo tutti giorni con questo governo; dall’attacco alla sanità pubblica, alla precarietà sul lavoro, passando per una scuola pubblica sempre più bistrattata.

Vi è anche un’altra questione, fino ad ora abbiamo parlato della nostra porzione di mondo, della nostra Emilia e della nostra Italia, ma se allarghiamo un attimo lo zoom, i diritti di cui abbiamo parlato si sciolgono come neve al sole.

Per non parlare delle decine e decine di conflitti che tutt’ora sconvolgono il nostro pianeta: Palestina, Yemen, Libano, Ucraina, Mali, Myanmar, Congo; solo per citarne alcuni.

In sostanza, credo che un ventenne debba iscriversi perché possiamo migliorare questa nostra Emilia, questa nostra Italia e questo nostro mondo e possiamo farlo tutti insieme

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80° anniversario dell’eccidio del CUP a Bosco di Corniglio

20 ottobre 2024 Orazione Ufficiale

Albertina Soliani

Presidente dell'Istituto Alcide Cervi

Vicepresidente Nazionale ANPI


Autorità, rappresentanti delle Istituzioni, Polizia Locale, caro don Orlando, Associazioni partigiane, Cittadini, 80 anni fa, in questo luogo, in una mattina come questa, il 17 ottobre, arrivarono di sorpresa, con tradimento, circa 200 soldati tedeschi, da Berceto, e fu decapitato il Comando Unico delle formazioni partigiane parmensi. Stavano ascoltando Radio Londra, in quella casa. Una tragedia: caddero Giacomo di Crollalanza, il comandante “Pablo”, e “Renzi”, Gino Menconi, comandante della piazza di Parma, salito quassù per una riunione, stavano programmando l'occupazione della città. “Renzi” fu colpito, torturato, bruciato vivo. [...]

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E poi “Penola”, Giuseppe Picedi Benettini, ufficiale di collegamento, e tre partigiani della guardia: Enzo Gandolfi, Domenico Gervasi, Settimio Manenti. Siciliani, liguri, toscani, di questa terra: la Resistenza era l'Italia. “Uno dei giorni più infausti della Resistenza parmense”, scriverà poi “Nardo”. Riescono a salvarsi, gettandosi tra le rocce di un canalone, il vicecomandante Giacomo Ferrari, “Arta”, “Libero” e il commissario “Mauri”, Primo Savani. Erano i duri mesi dell'autunno del 1944, di quell' “autunno d'agosto” che a Sant'Anna di Stazzema, a Monte Sole e in altre località vide i rastrellamenti nazifascisti, gli eccidi, la disumanità. Era il tempo della Resistenza, delle vite offerte per sconfiggere l'orrore che oscurava il mondo. Queste vite, qui, ressero l'urto della storia. Quel “duello sfolgorante”, come dice la Sequenza Pasquale, tra il bene e il male, la luce e le tenebre, la vita e la morte. Per aprire la via a un mondo nuovo, il nostro, che abbiamo vissuto nella libertà da loro conquistata. Qualche ora dopo, vennero qui due donne, come Antigone nella tragedia greca: Camilla, la sorella di Giacomo Ferrari, e Lalla Ferrari, la figlia di “Arta”, corse con l'angoscia nel cuore da una casa poco distante che le ospitava. Nell'aria l'odore degli incendi. “La notizia”, dirà Nardo, “corse tra i distaccamenti come una folata gelida”. Non si arresero. Risorsero. Questa la scelta decisiva. Il giorno successivo, nella chiesa di Bosco si decide la continuità del comando delegando “Arta”. E il 23 ottobre i rappresentanti delle brigate partigiane parmensi procederanno alla elezione del nuovo Comando Unico Operativo formato dal Comandante “Arta”, dal Commissario “Poe”, Achille Pellizzari, dal Capo di Stato Maggiore “Nardo”, Leonardo Tarantini. Pensavano, i tedeschi, di avere fermato la Resistenza, si sbagliavano. “Arta”, “Poe”, “Nardo” guideranno i partigiani scesi dai monti nella sfilata a Parma del 25 aprile. Quel giorno, il 25 aprile del '45, che illuminerà tutta la storia del '900. Tanti, ancora, cadranno in quei mesi. Il 20 novembre, un mese dopo l'eccidio di Bosco, cadrà Brunetto, il figlio di “Arta”, insieme ad altri compagni, al ponte di Lugagnano. E in quel Natale, un mese dopo, “Arta” andrà a condividere il rancio con i prigionieri tedeschi che avevano ucciso i partigiani e suo figlio. Questa è la Resistenza, questa è la moralità della Resistenza: l'umanità al posto della disumanità, il cambiamento della storia travolta dal nazifascismo, che ha attraversato il mondo intero, dalla Normandia a Stalingrado, alle Midway nel Pacifico, che ha riscattato l'umanità dalla vergogna e dall'orrore del nazifascismo, della Shoah, della violenza, della guerra, della menzogna, della propaganda. Ha riscattato l'Italia dalla vergogna storica del fascismo. E oggi? È così difficile oggi dichiararsi antifascisti? E che altro mai potremmo noi essere? Chi non ha questo sentimento nell'animo, il sentimento civile che fa vivere le nostre istituzioni democratiche, non può rappresentare il nostro popolo, non può guidare l'Italia. Quella sfida, in condizioni diverse, è la stessa di oggi, tra democrazia e totalitarismo, tra pace e guerra, tra il diritto e la violenza. La stessa sfida è oggi, nel nostro presente: - quando le democrazie sono incerte e fragili, insidiate dall'autoritarismo, dai pochi che pretendono di comandare sui molti, nei paesi di consolidata democrazia, come in quelli che vi si affacciano ora: il mondo è globale, l'antifascismo è globale. Mai come oggi, tutto si tiene, dal Myanmar all'Africa, agli Usa, passando per l'Europa, dall'Ucraina a Gaza, al Libano; - quando gli interessi dei pochi, potenti nella finanza, negli armamenti, nella comunicazione determinano disuguaglianze, povertà, fame, limitando diritti e libertà; - quando il lavoro non è più il pilastro della vita e perciò non è più il fondamento della Repubblica, e le parole della Costituzione devono essere pronunciate di nuovo, come se fosse la prima volta, non solo nella vita della società e della politica, ma nelle stesse coscienze; - quando è minacciata l'unità della Patria, con proposte politiche e legislative di frammentazione territoriale e la centralità del Parlamento è messa di lato a vantaggio del potere del Capo del Governo con investitura popolare, con evidente disequilibrio dei poteri. Le sfide di oggi sono decisive, come allora. Questa è la stagione politica del presente, quando è messa in discussione la stessa universalità dei diritti, dalla salute all'istruzione. Quando la politica è debole, modesta, senza visione. E non è meglio la società, con le sue relazioni frantumate, le paure che tarpano le ali, le nuove generazione in faticosa solitaria ricerca di spazi, di opportunità, di valori. Non era questo il sogno della Resistenza, della democrazia che doveva nascere. Non era questa l'Italia nuova, antifascista e democratica, delineata nella Costituzione. Non era questa l'Europa che sognavano nel carcere di Ventotene. Un'Europa che ancora oggi si abbandona alle destre nazifasciste, invoca il rafforzamento dei confini, chiude le porte ai migranti, deportandoli oltre i confini. 80 anni dopo dobbiamo guardare in faccia la notte che stiamo attraversando, come disse Giuseppe Dossetti nel 1994: “dobbiamo saper riconoscere la notte per notte”. Scegliendo, come allora, di resistere. 80 anni dopo, di nuovo siamo circondati dalle guerre, dal terrorismo, dalla disumanità. La comunità internazionale ha smarrito gli strumenti del dialogo e della negoziazione, non ha più il diritto come bussola. C'è più che mai bisogno di antifascismo, di un antifascismo globale. Per fermare i conflitti, il riarmo, per impedire che gli eserciti colpiscano le popolazioni civili e sparino sull'ONU, segno dell'impotenza della diplomazia. Un salto, se si può dire, che oscura ancora di più l'orizzonte. Entra con impeto nel nostro tempo l'antica profezia di Isaia, di almeno 2500 anni fa: “Forgeranno le loro lance in falci, le loro spade in aratri”. La pace senza condizioni, perché quel che accade è semplicemente intollerabile. Ci sono da aprire subito percorsi di riparazione, di costruzione di un nuovo tempo di solidarietà, di fraternità, di visione. Il mondo sognato dai partigiani è ancora tutto davanti a noi. Quel mondo lo cercano le nuove generazioni: raccontiamoglielo e ascoltiamo il loro sogno. Cercano fiducia nel futuro, una terra salvata nella sua vita e nella sua bellezza, cercano valori di umanità, di fratellanza universale. Quel sogno è scritto nelle parole della Costituzione, è il suo canto. Quel sogno è la democrazia, per la quale ciascuno di noi è chiamato ad essere un rifugio sicuro. Un terreno da coltivare, da concimare, come ci diceva Tina Anselmi. È questo il canto dell'Italia oggi? C'è qualcosa che non torna se nessuno del Governo oggi frequenta questi luoghi di memoria. Vuol dire che abbiamo un problema, il problema della coerenza, della fedeltà alla Repubblica democratica e antifascista. Conquistata a così caro prezzo. Anche oggi, in altre latitudini, si resiste. Resistono i giovani, resistono le donne, ancora oppresse dall'oscurantismo ma indomite nella conquista della libertà, ancora a caro prezzo. Noi siamo con la loro Resistenza. La Resistenza non finì in quella mattina tragica di ottobre. I partigiani ripresero subito il filo spezzato, lo riannodarono. E ci hanno aperto la strada per una vita nuova. Ce l'hanno consegnata. 80 anni sono lunghi, la vita di una persona, ad esempio la mia. Sono un soffio nella storia. In realtà sono per sempre un legame. La loro vita e la nostra, e quella di coloro che verranno dopo di noi. Una "legacy". Un'unica domanda, esigente: che ne avete fatto dell'eredità che vi abbiamo consegnato? C'è da riprendere quel filo, con coraggio, con fiducia. Come fecero “Arta”, “Poe”, “Nardo” in quei giorni di dolore, nonostante tutto. Con il loro stesso spirito, con la loro stessa generosità, con la loro moralità. Con il loro amore per la vita, e per il popolo. Con il loro senso del dovere. Con la loro umanità. Con la loro speranza: non aveva vinto in loro la paura. Con il loro slancio: credevano che avrebbero cambiato il mondo. Fare memoria è questo: tenerli vivi con noi. È questo il loro messaggio oggi: non rassegnatevi, non rassegnatevi alla stanchezza, all'indifferenza. Il mondo può essere cambiato. Cambiatelo. Se è notte, tenete accesa la luce.Sl'è not, us farà dè”, dicono da sempre in Romagna. Adesso tocca a noi.

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