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80° anniversario dell’eccidio del CUP a Bosco di Corniglio/2

20 ottobre 2024

TOMMASO MARTINELLI

22 anni

ANPI COLLECCHIO


Alla base di questo mio breve intervento, ci sono due quesiti di fondo a cui cercherò di dare risposta: 1) che cosa mi ha spinto ad entrare nella grande famiglia ANPI in così giovane età ? 2) Perché un ventenne, nel 2024, dovrebbe iscriversi alla nostra associazione ? Per rispondere alla prima domanda, vorrei tentare un azzardatissimo parallelo storico tra due persone, nate dalla mia fantasia che per semplicità chiameremo entrambi Mario Rossi. [...]

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Un Mario Rossi nato nel 2002 e un Mario Rossi nato 80 anni prima nel 1922.

Partiamo dal Mario Rossi nato nel 2002. Il nostro Mario frequenta le scuole elementari, le medie e le superiori. Poi si iscrive all’università e con qualche difficoltà cerca di

barcamenarsi con gli studi. Oserei dire una vita tranquilla, una vita normale.

Pensiamo ora, invece, al suo alter ego nato all’inizio del 1922. A pochi mesi dalla nascita Mario vive le gloriose giornate di Agosto, quando a Parma gli abitanti dell’Oltretorrente erigono le barricate e impediscono ai fascisti di entrare nei loro borghi. Naturalmente Mario non ricorda direttamente queste gesta, se non attraverso le parole dei suoi cari. Così come non ricorda che sempre in quell’anno, ad ottobre, Mussolini prende il potere a seguito della Marcia su Roma.

Il nostro Mario cresce e frequenta le scuole elementari fascistizzate, se è fortunato fino alla quinta, se deve aiutare il babbo nei campi o in bottega fino alla terza.

A 17 anni scoppia la seconda guerra mondiale, a 18 anni anche l’Italia entra nel conflitto, a 20 anni viene arruolato nell’esercito e a 21 anni, a seguito dell’8 settembre, decide di salire in montagna.

Fino a 23 anni rimane in questi monti e verso la fine di aprile può finalmente scoprire il significato della parola Libertà.

Credo, dunque, che la risposta migliore al quesito iniziale sia proprio questa: la mia scelta di entrare in ANPI è dovuta alla consapevolezza che la piccola porzione di mondo in cui viviamo sia più libera, più giusta e più uguale, rispetto a quella di 80 anni fa, grazie alla lotta e alle fatiche di Mario e alle migliaia di altri ragazzi e ragazze che come lui imbracciarono il moschetto e andarono su in montagna a combattere quel regime che li avevi privati di tutto per più di vent’anni.

Veniamo ora alla seconda domanda, se è vero tutto quello che ci siamo appena detti, perché un ragazzo di vent’anni di oggi dovrebbe ancora iscriversi alla nostra associazione?

Credo che l’errore più grosso da non commettere sia proprio quello di considerare i diritti di cui godiamo come assodati e irrevocabili, non è così. Ci dimentichiamo che non è stato così per migliaia di generazioni prima di noi.

Così come sono stati conquistati, possono essere persi e lo vediamo tutti giorni con questo governo; dall’attacco alla sanità pubblica, alla precarietà sul lavoro, passando per una scuola pubblica sempre più bistrattata.

Vi è anche un’altra questione, fino ad ora abbiamo parlato della nostra porzione di mondo, della nostra Emilia e della nostra Italia, ma se allarghiamo un attimo lo zoom, i diritti di cui abbiamo parlato si sciolgono come neve al sole.

Per non parlare delle decine e decine di conflitti che tutt’ora sconvolgono il nostro pianeta: Palestina, Yemen, Libano, Ucraina, Mali, Myanmar, Congo; solo per citarne alcuni.

In sostanza, credo che un ventenne debba iscriversi perché possiamo migliorare questa nostra Emilia, questa nostra Italia e questo nostro mondo e possiamo farlo tutti insieme

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80° anniversario dell’eccidio del CUP a Bosco di Corniglio

20 ottobre 2024 Orazione Ufficiale

Albertina Soliani

Presidente dell'Istituto Alcide Cervi

Vicepresidente Nazionale ANPI


Autorità, rappresentanti delle Istituzioni, Polizia Locale, caro don Orlando, Associazioni partigiane, Cittadini, 80 anni fa, in questo luogo, in una mattina come questa, il 17 ottobre, arrivarono di sorpresa, con tradimento, circa 200 soldati tedeschi, da Berceto, e fu decapitato il Comando Unico delle formazioni partigiane parmensi. Stavano ascoltando Radio Londra, in quella casa. Una tragedia: caddero Giacomo di Crollalanza, il comandante “Pablo”, e “Renzi”, Gino Menconi, comandante della piazza di Parma, salito quassù per una riunione, stavano programmando l'occupazione della città. “Renzi” fu colpito, torturato, bruciato vivo. [...]

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E poi “Penola”, Giuseppe Picedi Benettini, ufficiale di collegamento, e tre partigiani della guardia: Enzo Gandolfi, Domenico Gervasi, Settimio Manenti. Siciliani, liguri, toscani, di questa terra: la Resistenza era l'Italia. “Uno dei giorni più infausti della Resistenza parmense”, scriverà poi “Nardo”. Riescono a salvarsi, gettandosi tra le rocce di un canalone, il vicecomandante Giacomo Ferrari, “Arta”, “Libero” e il commissario “Mauri”, Primo Savani. Erano i duri mesi dell'autunno del 1944, di quell' “autunno d'agosto” che a Sant'Anna di Stazzema, a Monte Sole e in altre località vide i rastrellamenti nazifascisti, gli eccidi, la disumanità. Era il tempo della Resistenza, delle vite offerte per sconfiggere l'orrore che oscurava il mondo. Queste vite, qui, ressero l'urto della storia. Quel “duello sfolgorante”, come dice la Sequenza Pasquale, tra il bene e il male, la luce e le tenebre, la vita e la morte. Per aprire la via a un mondo nuovo, il nostro, che abbiamo vissuto nella libertà da loro conquistata. Qualche ora dopo, vennero qui due donne, come Antigone nella tragedia greca: Camilla, la sorella di Giacomo Ferrari, e Lalla Ferrari, la figlia di “Arta”, corse con l'angoscia nel cuore da una casa poco distante che le ospitava. Nell'aria l'odore degli incendi. “La notizia”, dirà Nardo, “corse tra i distaccamenti come una folata gelida”. Non si arresero. Risorsero. Questa la scelta decisiva. Il giorno successivo, nella chiesa di Bosco si decide la continuità del comando delegando “Arta”. E il 23 ottobre i rappresentanti delle brigate partigiane parmensi procederanno alla elezione del nuovo Comando Unico Operativo formato dal Comandante “Arta”, dal Commissario “Poe”, Achille Pellizzari, dal Capo di Stato Maggiore “Nardo”, Leonardo Tarantini. Pensavano, i tedeschi, di avere fermato la Resistenza, si sbagliavano. “Arta”, “Poe”, “Nardo” guideranno i partigiani scesi dai monti nella sfilata a Parma del 25 aprile. Quel giorno, il 25 aprile del '45, che illuminerà tutta la storia del '900. Tanti, ancora, cadranno in quei mesi. Il 20 novembre, un mese dopo l'eccidio di Bosco, cadrà Brunetto, il figlio di “Arta”, insieme ad altri compagni, al ponte di Lugagnano. E in quel Natale, un mese dopo, “Arta” andrà a condividere il rancio con i prigionieri tedeschi che avevano ucciso i partigiani e suo figlio. Questa è la Resistenza, questa è la moralità della Resistenza: l'umanità al posto della disumanità, il cambiamento della storia travolta dal nazifascismo, che ha attraversato il mondo intero, dalla Normandia a Stalingrado, alle Midway nel Pacifico, che ha riscattato l'umanità dalla vergogna e dall'orrore del nazifascismo, della Shoah, della violenza, della guerra, della menzogna, della propaganda. Ha riscattato l'Italia dalla vergogna storica del fascismo. E oggi? È così difficile oggi dichiararsi antifascisti? E che altro mai potremmo noi essere? Chi non ha questo sentimento nell'animo, il sentimento civile che fa vivere le nostre istituzioni democratiche, non può rappresentare il nostro popolo, non può guidare l'Italia. Quella sfida, in condizioni diverse, è la stessa di oggi, tra democrazia e totalitarismo, tra pace e guerra, tra il diritto e la violenza. La stessa sfida è oggi, nel nostro presente: - quando le democrazie sono incerte e fragili, insidiate dall'autoritarismo, dai pochi che pretendono di comandare sui molti, nei paesi di consolidata democrazia, come in quelli che vi si affacciano ora: il mondo è globale, l'antifascismo è globale. Mai come oggi, tutto si tiene, dal Myanmar all'Africa, agli Usa, passando per l'Europa, dall'Ucraina a Gaza, al Libano; - quando gli interessi dei pochi, potenti nella finanza, negli armamenti, nella comunicazione determinano disuguaglianze, povertà, fame, limitando diritti e libertà; - quando il lavoro non è più il pilastro della vita e perciò non è più il fondamento della Repubblica, e le parole della Costituzione devono essere pronunciate di nuovo, come se fosse la prima volta, non solo nella vita della società e della politica, ma nelle stesse coscienze; - quando è minacciata l'unità della Patria, con proposte politiche e legislative di frammentazione territoriale e la centralità del Parlamento è messa di lato a vantaggio del potere del Capo del Governo con investitura popolare, con evidente disequilibrio dei poteri. Le sfide di oggi sono decisive, come allora. Questa è la stagione politica del presente, quando è messa in discussione la stessa universalità dei diritti, dalla salute all'istruzione. Quando la politica è debole, modesta, senza visione. E non è meglio la società, con le sue relazioni frantumate, le paure che tarpano le ali, le nuove generazione in faticosa solitaria ricerca di spazi, di opportunità, di valori. Non era questo il sogno della Resistenza, della democrazia che doveva nascere. Non era questa l'Italia nuova, antifascista e democratica, delineata nella Costituzione. Non era questa l'Europa che sognavano nel carcere di Ventotene. Un'Europa che ancora oggi si abbandona alle destre nazifasciste, invoca il rafforzamento dei confini, chiude le porte ai migranti, deportandoli oltre i confini. 80 anni dopo dobbiamo guardare in faccia la notte che stiamo attraversando, come disse Giuseppe Dossetti nel 1994: “dobbiamo saper riconoscere la notte per notte”. Scegliendo, come allora, di resistere. 80 anni dopo, di nuovo siamo circondati dalle guerre, dal terrorismo, dalla disumanità. La comunità internazionale ha smarrito gli strumenti del dialogo e della negoziazione, non ha più il diritto come bussola. C'è più che mai bisogno di antifascismo, di un antifascismo globale. Per fermare i conflitti, il riarmo, per impedire che gli eserciti colpiscano le popolazioni civili e sparino sull'ONU, segno dell'impotenza della diplomazia. Un salto, se si può dire, che oscura ancora di più l'orizzonte. Entra con impeto nel nostro tempo l'antica profezia di Isaia, di almeno 2500 anni fa: “Forgeranno le loro lance in falci, le loro spade in aratri”. La pace senza condizioni, perché quel che accade è semplicemente intollerabile. Ci sono da aprire subito percorsi di riparazione, di costruzione di un nuovo tempo di solidarietà, di fraternità, di visione. Il mondo sognato dai partigiani è ancora tutto davanti a noi. Quel mondo lo cercano le nuove generazioni: raccontiamoglielo e ascoltiamo il loro sogno. Cercano fiducia nel futuro, una terra salvata nella sua vita e nella sua bellezza, cercano valori di umanità, di fratellanza universale. Quel sogno è scritto nelle parole della Costituzione, è il suo canto. Quel sogno è la democrazia, per la quale ciascuno di noi è chiamato ad essere un rifugio sicuro. Un terreno da coltivare, da concimare, come ci diceva Tina Anselmi. È questo il canto dell'Italia oggi? C'è qualcosa che non torna se nessuno del Governo oggi frequenta questi luoghi di memoria. Vuol dire che abbiamo un problema, il problema della coerenza, della fedeltà alla Repubblica democratica e antifascista. Conquistata a così caro prezzo. Anche oggi, in altre latitudini, si resiste. Resistono i giovani, resistono le donne, ancora oppresse dall'oscurantismo ma indomite nella conquista della libertà, ancora a caro prezzo. Noi siamo con la loro Resistenza. La Resistenza non finì in quella mattina tragica di ottobre. I partigiani ripresero subito il filo spezzato, lo riannodarono. E ci hanno aperto la strada per una vita nuova. Ce l'hanno consegnata. 80 anni sono lunghi, la vita di una persona, ad esempio la mia. Sono un soffio nella storia. In realtà sono per sempre un legame. La loro vita e la nostra, e quella di coloro che verranno dopo di noi. Una "legacy". Un'unica domanda, esigente: che ne avete fatto dell'eredità che vi abbiamo consegnato? C'è da riprendere quel filo, con coraggio, con fiducia. Come fecero “Arta”, “Poe”, “Nardo” in quei giorni di dolore, nonostante tutto. Con il loro stesso spirito, con la loro stessa generosità, con la loro moralità. Con il loro amore per la vita, e per il popolo. Con il loro senso del dovere. Con la loro umanità. Con la loro speranza: non aveva vinto in loro la paura. Con il loro slancio: credevano che avrebbero cambiato il mondo. Fare memoria è questo: tenerli vivi con noi. È questo il loro messaggio oggi: non rassegnatevi, non rassegnatevi alla stanchezza, all'indifferenza. Il mondo può essere cambiato. Cambiatelo. Se è notte, tenete accesa la luce.Sl'è not, us farà dè”, dicono da sempre in Romagna. Adesso tocca a noi.

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