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Facendo un passo indietro: l’assemblea nasce da un gruppo di lavoro nazionale che ha lo scopo di raccogliere una sollecitazione maturata dal Congresso del marzo 2022.
Si voleva capire e comprendere la composizione giovanile all’interno dell’Associazione, i suoi bisogni e le sue necessità, utili a proiettarla nel futuro: ciò si può fare solo partendo dall’ascolto dell’altro e sapendo che nessuno è perfetto e che per questo tutti dobbiamo tendere al miglioramento.
L’urgenza di dare fiducia e ascolto alle giovani generazioni è infatti una delle sollecitazioni emerse da parte dei partecipanti all’Assemblea.
Per raccogliere tutte le istanze le giornate sono state organizzate attraverso diversi momenti più istituzionali come l’Assemblea plenaria, dei tavoli di lavoro e (confessiamo) anche più goliardici momenti come un ritrovo al bar.
Attenzione! questa iniziativa, come ribadito più volte a Riccione, NON deve essere utile alla creazione di una struttura a parte dell’Associazione, di un gruppo a sé sull'onda di un giovanilismo spinto. A dimostrazione l'Assemblea ha avuto come titolo "Essere Anpi, insieme", titolo che noi abbiamo voluto mantenere oggi.
Può sembrare scontato ma è necessario in vista degli appuntamenti di oggi. Proprio perché siamo un INSIEME dobbiamo infatti ribadire, come sempre, la natura unitaria e plurale dell’Associazione che non è partito, non deve essere rifugio di istanze personali e non deve snaturarsi. Occorre un sereno e onesto dibattito intergenerazionale che deve diventare relazione proficua già dalle sezioni locali: di arricchimento reciproco tra volontari con più “esperienza sul campo” e iscritti figli del nuovo millennio.
Tra gli aspetti che sono emersi nel dibattito vi è la difficoltà di muoversi in un mondo complesso come quello attuale, con le emergenze che ben conosciamo. Vi sono poi le difficoltà personali che dipendono dalla disponibilità che ognuno può dare in base al proprio tempo di vita: siamo tutti volontari con delle "vite in costruzione”.
Per quanto riguarda la composizione del gruppo di cento ragazze e ragazzi, non abbiamo potuto fare a meno di notare che la maggior parte dei nostri compagni fossero insegnanti, storici, attivi nel sindacato.
È emersa poi la forte volontà di tutti i partecipanti a contribuire alla discussione sia in plenaria, sia nei tavoli di lavoro; tanto è vero che nei due giorni non è comunque bastato il tempo per far intervenire tutti.
Lo troviamo un bel segnale: ci siamo e abbiamo voglia di dialogare in modo franco e costruttivo.
I quattro tavoli di lavoro avevano come temi: formazione, forme di partecipazione all’associazione, problema delle periferie, conoscenza di chi siamo.
Di questi abbiamo partecipato a due: formazione e periferie.
Relativamente al tavolo della formazione: anche in quella sede ne è stata confermata la sua importanza, a livello sia esterno che interno, pur avendo raccolto alcune criticità in talune situazioni locali.
Formazione interna per conoscere la storia dell‘Associazione e portare l’autorevolezza delle scelte coraggiose dei partigiani e delle partigiane nel presente ed esserne degni custodi.
Affinché si possa risultare seri e credibili nel momento in cui si entra nelle scuole con dei progetti.
E per saper alimentare il dibattito interno in modo costruttivo, anche rispetto ai giovani under 35 che portano nuove idee e nuove istanze quali la difesa dell’ambiente, i diritti del mondo Lgbtqia+, il diritto allo studio.
Per la formazione esterna il punto focale è emerso essere il mondo della scuola, all’interno delle quali ANPI non deve sostituirsi agli insegnanti ma fare un lavoro integrativo e di supporto, con lo strumento del Protocollo.
La presenza della nostra Associazione, inoltre, può essere utile per i ragazzi e le ragazze che non hanno una storia familiare legata a vicende resistenziali o che sono curiosi di conoscere la storia del proprio territorio.
È stato anche sottolineato come non si debba comunque limitare il proprio raggio d’azione all’ambito scolastico ma ci si deve muovere nell’ottica di un apprendimento costante, permanente e diffuso.
In merito al tavolo di lavoro che trattava le periferie, dal titolo: “OVUNQUE. È LA GRANDE PERIFERIA. DISAGIO E PERIFERIE GEOGRAFICHE, SOCIALI E CULTURALI.”, ci incuriosiva conoscere le esperienze di vita di altri giovani che magari vengono da luoghi fisici di periferia, frazioni o paesi, di province più o meno grandi.
Il gruppo ha aperto il dibattito proprio sulla definizione di periferia, confrontandoci sull’idea individuale di ognuno di cosa sia la periferia, concludendo che essa non rappresenta un luogo fisico “lontano dal centro” ma piuttosto uno stato di emarginazione, disaffezione e disagio. Una mancanza di senso di appartenenza ad una comunità che crea “la periferia” anche nei centri più numerosi.
Parlare insieme di periferia, ha portato, inevitabilmente alla questione sociale e alla proliferazione di neofascismi e mafie che affascinano i giovani e sanno esser presenti per “dare voce” al disagio accaparrandosi consensi.
Ci si è chiesti quindi come possa ANPI agire in questi contesti e come coinvolgere il maggior numero di persone, in luoghi che spesso sembrano ostili.
Come riportato dalle varie esperienze raccontate, la mancanza di rappresentatività (in tutti i settori) e l’individualismo della società in cui viviamo oggi, porta ad un senso di impotenza nei giovani che vivono nelle periferie che non si riconoscono più in nessun ideale.
Abbiamo constatato che se al nord spesso le sezioni ANPI sono composte da parenti e conoscenti di partigiani, che hanno combattuto e vissuto la guerra, al sud la realtà è diversa per numero di partigiani, ma ugualmente motivata dallo spirito antifascista e di tutela della Costituzione.
Le esperienze raccontate dai vari partecipanti sono state tra le più differenti: dai ragazzi Siciliani che hanno prestato volontariato nei CPR o che vanno nelle scuole a diffondere “messaggi di legalità”, alla ragazza del bolognese che fa servizio sociale per le famiglie “fragili”, al ragazzo del quartiere Baggio di Milano che ha gestito la sua sezione ANPI come fosse un circolo ricreativo dove possono incontrarsi giovani e anziani per parlare insieme.
Proprio riguardo questa esperienza, forse perché la più simile al contesto di Parma e del nostro territorio, abbiamo colto lo spunto per una riflessione sulla necessità di ritrovare un “luogo fisico” con appuntamenti fissi dove condividere esperienze, parlare della Costituzione e dei diritti, dove dare forma alla mutualità o all’aiuto reciproco.
Dal dibattito è emerso che, coinvolgere i giovani in queste esperienze si rivela sempre più necessario per dare loro modo di esprimersi e di parlare di tematiche che spesso non vengono trattate nella vita comune o che vengono raccontate in modo scorretto per determinare faziosità.
Dalle relazioni finali che hanno esposto gli altri tavoli, abbiamo ascoltato le considerazioni del tavolo sulla “forza di gravità e la missione dell’associazione”, da cui è emerso che i giovani sono restii alle forme tradizionali di partecipazione e vanno prima di tutto raggiunti ed e ascoltati, là dove vivono, lavorano o studiano.
Sono stati suggeriti, infatti, workshop, campeggi, riunioni informali e serate a tema, o anche un notiziario affinché gli adulti vengano a conoscenza del lavoro dei giovani.
Si è dibattuto di come vada facilitato e sostenuto lo sviluppo del talento giovanile, al fine di potenziarne l’occupabilità e le opportunità nell’ambito associativo. I giovani non devono osservare il lavoro associativo, devono sperimentarlo. I giovani non vanno intrattenuti, come fossero un pubblico distante, ma devono essere protagonisti, anche in piccole azioni quotidiane, dando loro, la giusta visibilità.
I membri dell’associazione, quindi, non devono essere visti come dispensatori di conoscenza, ma devono contribuire alla costruzione del carattere di ogni singola persona, attraverso un rapporto di dare-avere, facendoci insegnare il loro punto di vista e le loro conoscenze.
È fondamentale quindi, anche la capacità del leader dell’associazione di diventare un mentore sull’ascolto attivo e della guida personalizzata.
Dalla relazione sul tavolo dal titolo “ma chi siamo?” è emerso che l’adesione all’ANPI è molto diversificata e ci si avvicina molto spesso all’associazione per un background valoriale antifascista.
ANPI però è spesso percepita come “vecchia” o “troppo istituzionale” e quindi respingente, non solo per età anagrafica media ma soprattutto per l’approccio ai temi di interesse e lo stile comunicativo.
Considerato che ad oggi tutti i corpi intermedi, partiti, sindacati, associazioni, registrano difficoltà nella partecipazione ed in particolare nella partecipazione dei giovani, appare irrealistico aspettarsi che l’ANPI diventi un’organizzazione di massa.
Tuttavia, l’importante rimane mobilitare le coscienze e la nostra deve diventare una voce autorevole che può convincere e fare opinione, aldilà del numero degli iscritti o simpatizzanti.
In merito alla struttura e diversificazione di Anpi è emerso come sia fondamentale la collaborazione tra sezioni ma anche tra i vari soggetti associativi antifascisti (ARCI, CGIL, COOP, LIBERA, EMERGENCY) e anche con le associazioni studentesche. Rimane necessario, però, trovare format più coinvolgenti.
Come dicevamo, Riccione ci ha fornito la possibilità di conoscere le varie esperienze dei nostri coetanei. Particolarmente interessante è stato capire e apprendere le diverse storie personali che hanno avvicinato ognuno di noi all’Associazione e il ruolo che oggi svolgiamo all’interno della stessa.
Immaginavamo già di aver un vissuto in ANPI diverso rispetto a ragazzi cresciuti, ad esempio, in aree geografiche differenti dalla nostra.
Ci ha stupito, invece, notare una certa diversità di vissuto in realtà piuttosto vicine a noi: tanti ragazzi lamentavano carenza di spazio e di ascolto all’interno di alcuni gruppi dirigenziali.
Proprio alla luce di questi differenti racconti e percezioni nasce l’idea del questionario che è stato inviato a tutti voi: volevamo avere l’opportunità confrontarci a livello locale su come crescere con e per l’associazione, sentendo la responsabilità civile e l’orgoglio del ruolo che ci siamo scelti.
Solo capendo chi siamo, il nostro passato, le nostre basi possiamo ragionare insieme sul nostro futuro.
Leggere tutte le risposte, una novantina (equamente divise tra over e under 35), ci ha dato modo di conoscervi, o meglio conoscerci.
Abbiamo ritenuto di rivolgere il questionario a tutti, non riservandolo ai soli giovani, in quanto siamo ANPI insieme ed insieme dobbiamo guardarci in faccia per discutere l’oggi ed il domani di questa associazione avendo riguardo alle sensibilità e alle caratteristiche di ogni suo componente.
Per raccontare i risultati del questionario in due parole, potremmo usare FAMIGLIA e FORMAZIONE. Nonostante la diversa storia personale che ha portato ognuno di noi in associazione, la quasi totalità dei partecipanti al questionario ha espresso serenità nel parlare di tematiche politiche, culturali e sociali in famiglia: all’interno delle quali ci sono di sensibilità, valori, attenzione e non giudizio.
Diversamente, la maggioranza ritiene difficile discutere di questi temi al di fuori delle mura di casa. Le motivazioni espresse dagli under e over 35 sono diverse anche se sostanzialmente facce della stessa medaglia: per gli under 35 si sottolinea principalmente un disinteresse diffuso dei coetanei mentre per gli over 35 si evidenzia la poca aggregazione, la mancanza di una comunità in cui discutere queste tematiche.
Sembra evidente quindi che occorre fare rete, stare insieme e coinvolgere chi normalmente si mostra indifferente.
Sul punto fanno capolino le parole di Antonio Gramsci “Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.”
Molti hanno espresso una forte preoccupazione sui - purtroppo - ormai non più isolati fenomeni neofascisti e sulle attuali istituzioni politiche, preoccupazione che condividiamo appieno. È chiaro che nessuno di noi ha la soluzione in tasca ma la conoscenza della Costituzione (citata praticamente in ogni risposta) è la nostra più grande difesa contro gli estremismi.
È sul modo di coinvolgere e di fare rete che la fa da protagonista la formazione espressa come un vero e proprio bisogno. Dai risultati emerge come tutti mettano al centro i progetti scolastici, gli incontri con gli esperti, e molti giovani aggiungono la visita ai luoghi di memoria e di ricordo.
Uno spunto proficuo viene dai tanti che vedono la scuola non solo come il fondamentale strumento per capire ciò che è stato, ma anche come baluardo e mezzo per muoversi nel complesso mondo dell’informazione di oggi e per filtrare quindi le forse troppe notizie che ci bombardano ogni giorno.
Per quanto riguarda la domanda perché definirsi antifascisti… onestamente le risposte sarebbero da raccogliere in un libro! Sono emersi messaggi meravigliosi, non ve li leggeremo perché in termini di tempo tutti sono troppi e vi assicuriamo che è impossibile farne una classifica.
Invitiamo però i presenti in sede di dibattito a raccontarci la loro risposta. La domanda era complessa ma vi garantiamo che non c’è stata una risposta banale: soprattutto tra i più giovani abbiamo trovato una grande consapevolezza sulla nostra identità di antifascisti e sulla conoscenza della storia ma anche dell’attualità.
Come abbiamo anticipato nella mail di invio il questionario non è un punto di arrivo ma di partenza, certo non abbiamo la presunzione di farne un’analisi statistica non avendone le benché minime competenze, ma è stata per noi una bella esperienza e vi ringraziamo per averci regalato le vostre riflessioni.
A questo punto passiamo la parola all’assemblea e vi chiediamo di raccontarci come fare ad “Essere ANPI, insieme”.