Archivi del mese: Febbraio 2023

Selezione Servizio Civile

Con la presente si rende noto a tutti i candidati del Bando del Servizio Civile per il progetto “La memoria - Esserci è importante 2022” la data di convocazione per il colloquio di selezione. [...]

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I colloqui si terranno in presenza presso la sede associativa, in Piazzale Tomaso Barbieri 1, il giorno 18 Marzo 2023 dalle ore 10:30 alle ore 11:15.
Verrà comunicato via mail, a ciascun candidato, il promemoria sul giorno e l'ora del colloquio.

Ricordiamo che l’assenza ingiustificata comporta l’esclusione dal processo di selezione.

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24 febbraio per la Pace

la pace è la vittoria di cui abbiamo bisogno

fermiamo la guerra !

24 febbraio 2022 - 24 febbraio 2023

24 FEBBRAIO 2023
A PARTIRE DALLE ORE 12.00
PIAZZA GARIBALDI PARMA

Il Presidente dell' ANPI

Gianfranco Pagliarulo

Care amiche e cari amici iscritti all'ANPI, care compagne e cari compagni, vi invio questo messaggio che, mi rendo conto, è piuttosto inusuale, perché vorrei farvi partecipi di una preoccupazione, meglio, di un vero allarme per quello che sta succedendo e che può succedere in un prossimo futuro nel nostro Paese, in Europa, nel mondo
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Come avevamo previsto nel nostro Congresso nazionale nel marzo dell'anno scorso, stiamo assistendo all'impazzimento della guerra avviata dalla irresponsabile invasione russa dell'Ucraina. Da quel momento abbiamo assistito a una continua escalation con una tragica espansione di vittime e di distruzioni.

 Ma ciò che sta avvenendo da qualche settimana avvicina ancora di più la possibilità di scenari catastrofici. Da un lato la Federazione russa aumenta costantemente il numero di militari e di armamenti in Ucraina intensificando gli attacchi e i bombardamenti; dall'altro crescono i rifornimenti militari occidentali al governo ucraino con armamenti sempre più offensivi. Dall'Europa e dall'America arriveranno vari tipi di carri armati; Zelensky chiede i cacciabombardieri F16 e i sommergibili; si riparla sempre più in modo irresponsabile dell'uso di armi nucleari “tattiche”. In questa situazione il ministro della Difesa Crosetto si è spinto a dire che se i russi arrivano a Kiev scoppia la terza guerra mondiale.


Dall'Iran ad Israele ai territori palestinesi alla Siria vengono notizie di un incendio che dilaga.


Le spese di riarmo crescono in modo osceno ovunque, come avvenne prima delle due guerre mondiali, mentre i governi europei - compreso il nostro - diventano sempre più autoritari verso chiunque si permetta di criticare questa mostruosa deriva bellicista, nonostante i sondaggi dicano che la maggioranza degli italiani (e anche degli europei) è contraria all'invio di armi e all'intervento della NATO. Nelle carceri russe sono reclusi centinaia e centinaia di dissidenti ed una durissima repressione è in corso in Russia ormai da molto tempo.


Intanto a causa del gioco fra sanzioni e controsanzioni è aumentata l'inflazione a livelli sconosciuti nel nuovo secolo, il costo dell'energia ha generato difficoltà enormi ad imprese e famiglie ed in generale sono peggiorate le condizioni di vita e di lavoro dei cittadini europei e italiani.


Non basta: il presidente degli Stati Uniti e il segretario generale della NATO indicano nella Cina il prossimo e più potente nemico da affrontare, se necessario, anche sul piano militare.


Anche di questo discuteremo nell'assemblea nazionale dell'ANPI che svolgeremo fra pochi giorni a Cervia; ma ci tenevo ad anticiparvi un quadro drammatico a cui non si può rispondere né con la rassegnazione né col fatalismo. Occorre razionalmente prendere atto di questa realtà e di impegnarsi in ogni modo per contrastarla, per far andare indietro le lancette dell'ora X della guerra nucleare, che nei giorni scorsi gli scienziati del mondo hanno immaginato alla metaforica e ravvicinatissima distanza di 9 minuti.


C'è bisogno dell'impegno consapevole, piccolo o grande che sia, da parte di tutte e di tutti, per fermare il treno della follia e della morte che sta correndo a tutta velocità verso l'autodistruzione.


Per questo mi permetto di invitarvi a partecipare ad ogni iniziativa che abbia come obiettivo finale il ristabilimento della pace. L'impegno più immediato è per il 24 febbraio, primo anniversario dell'invasione russa, e per i due giorni successivi. Si svolgeranno manifestazioni in tante capitali europee. In queste tre giornate l'ANPI darà vita assieme a Europe for Peace a una rete di iniziative locali in tutta Italia. Ma non ci fermeremo qui. Cercheremo sempre la più larga unità con tutti coloro che, pur con opinioni diverse sulle responsabilità di questa guerra, sull'invio o meno di armi, sull'erogazione o meno di sanzioni, condividano il nostro allarme attuale: fermiamo la guerra.


L'ONU deve essere la sede istituzionale necessaria, il suo Consiglio di Sicurezza è lo spazio per tracciare la strada verso un trattato internazionale che ponga fine alla guerra e ristabilisca un pacifico ordine mondiale.


L'ANPI propone che il governo italiano e l'Unione Europea avanzino finalmente una seria proposta di avvio di negoziati, cosa mai avvenuta fino ad oggi, per trovare un realistico punto di incontro fra le parti e comunque per frenare la frenetica escalation in corso; propone una Conferenza internazionale per concordare la sicurezza di tutti i Paesi coinvolti; propone che si avvii la smilitarizzazione dei confini fra la Russia e gli altri Paesi europei con l'obiettivo di una progressiva diminuzione di tutti gli armamenti nucleari; propone, in sostanza, di ricostruire un clima di coesistenza pacifica e di collaborazione fra gli Stati e i popoli in Europa e nel mondo.


La pace, garantita in Europa per più di 70 anni, è stata il risultato di un lungo percorso politico, istituzionale e giuridico seguito alla devastazione di due guerre mondiali. Abbiamo bisogno di riprendere immediatamente quella visione e quel progetto, frutto della Resistenza al nazifascismo, e lascito dei nostri resistenti e dei nostri partigiani.


Lo ha detto Papa Francesco: “Questa guerra è una follia”. Aiutiamoci tutti, l'uno con l'altro, a fermarla.

Ne va del futuro dell'umanità.

Un abbraccio,

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report autonomia differenziata

REPORT FONDAZIONE GIMBE 

Il presente report analizza esclusivamente le maggiori autonomie richieste dalle Regioni in materia di tutela della salute, anche se, ulteriori ambiti su cui le Regioni possono richiedere forme di autonomia possono avere un impatto, più o meno rilevante, sulla salute pubblica: in particolare, sia materie di esclusiva competenza statale (tutela dell’ambiente e dell’ecosistema), sia di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni (tutela e sicurezza del lavoro, ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi, alimentazione, ordinamento sportivo, governo del territorio, grandi reti di trasporto e di navigazione previdenza complementare e integrativa) [...]

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Nonostante il monito espresso dal Presidente Mattarella, nel discorso di fine anno 2022, nel quale  ha ribadito:

"Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Occorre operare affinché quel presidio insostituibile di unità del Paese rappresentato dal Servizio Sanitario Nazionale si rafforzi, ponendo sempre più al centro 
la persona e i suoi bisogni concreti, nel territorio in cui vive 

l'indagine intende dimostrare che Il regionalismo differenziato finirà dunque per legittimare normativamente e in maniera irreversibile il divario tra Nord e Sud, violando il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini nel diritto alla tutela della

salute.


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Servizio Civile aggiornamento

Il Dipartimento delle Politiche giovanili e del Servizio Civile ha pubblicato la notizia della proroga della data di scadenza per la presentazione delle domande al Bando per la selezione di 71.550 operatori volontari da impiegare in progetti afferenti a programmi di intervento di Servizio civile universale da realizzarsi in Italia e all’estero, prorogandola al

20 febbraio 2023, ore 14:00


Per ulteriori informazioni 
post precedente

https://domandaonline.serviziocivile.it/

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assemblea nazionale cervia

nicola maestri


Carissime e carissimi tutti.

Se dovessi dare un titolo a questa breve incursione, la definirei "Il nemico è alle porte" prendendolo in prestito dalla famosa opera cinematografica. Il tema della centralizzazione e decentralizzazione dello Stato attraversa il Paese sin dall’Unità d’Italia. Già dalla costruzione del nuovo Stato lo sviluppo fu dicotomico, l’esaltazione del modello decentrato inglese da parte della classe dirigente liberale andò a disperdersi nella paura della disgregazione del nuovo Stato e nella difficoltà nel governare una società sempre meno liberale e sempre più di massa, su questa prima disomogeneità di valori si scelse la forma di stato unitaria centralizzata su modello francese, pur mantenendo autonomie locali. [...]

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Lo sviluppo italiano continua poi a muoversi su due fronti, quasi come un doppio stato. Il definirsi della struttura nazionale istituzionale si allontanò quindi da un contro bilanciamento naturale e vitale dei poteri in uno stato democratico per avvicinarsi più ad un servilismo nonché utilitarismo amministrativo.

La situazione si è ripresentata con le dovute e sostanziali differenze al termine del secondo conflitto mondiale quando a prevalere fu il decentramento amministrativo e legislativo e un accentuato regionalismo. Ad influenzarne la scelta fu anche inevitabilmente l’esempio negativo e contiguo del regime fascista, ben innervato nella cultura mnestica del paese, il quale abolì la suddivisione del territorio nazionale in circoscrizioni e arrivò a sopprimere le autonomie locali.

A prevalere fu dunque la linea più particolarmente degasperiana, egli fin da giovane fautore del regionalismo, della maggiore indipendenza delle autonomie locali e del decentramento burocratico e soprattutto dei poteri. La linea del capo provvisorio dello Stato aveva forti radici che affondavano anche nella storica linea del Partito Popolare Italiano e di Papa Pio XI, quest’ultimo tra l’altro firmatario dei Patti Lateranensi.

“All’unità degli atomi si preferiva l’unità degli organi” diceva lo stesso De Gasperi. Il fatto che gli organi in Italia fossero così sbilanciati non costituì evidentemente elemento di sfiducia, così come la presenza di una criminalità organizzata presente e influente in più di ogni altro paese, sviluppatasi parallelamente all’unità del 1861, quando l’attenzione

dell’allora primo ministro Cavour si focalizzò nell’investimento univoco alla classe imprenditoriale e industriale del Nord abbandonando il Mezzogiorno e anzi trasformandolo in una “palla al piede del settentrione” più avanzato dal quale trarre forze vitali e utilitarismo mercantile. Questo già provocò grande spinta centrifuga nel Regno, squilibrio interno economico e quindi culturale, velocità di sviluppo differenti e crescita delle diseguaglianze.

Un primo solco nella frattura dell’unità con il proliferare di strutture mafiose che si incunearono nell’assenza e nei mancati adempimenti dello Stato. E infine lo sciagurato percorso attuale sulla struttura istituzionale regionale, sulle richieste di autonomie differenziate, anche se tecnicamente differenti tra loro ma che hanno in comune sicuramente la zona di provenienza: Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, tre regioni settentrionali che nel solco della storia perseguono sicuramente e comprensibilmente interessi regionali convenienti ma che allontanano e colpiscono un’Italia già ferita.

Queste tre regioni hanno chiesto di trattenere il 90% del gettito fiscale proveniente dai cittadini, questo peserebbe sulle casse dello Stato per 190 miliardi di entrate in meno sulle 750 totali derivate normalmente da tale processo, circa un quarto del valore complessivo. Questo vuole meccanicamente dire, maggiore sviluppo ed efficienza per tali Regioni e meno per lo Stato nel suo complesso e quindi per risorse destinate alla equa redistribuzione, cioè automaticamente meno per chi sta peggio, meno per il Mezzogiorno, significa ancora una volta ampliare la differenza di velocità a cui le due o varie Italie sembrano andare.

Nel breve periodo è possibile che i veneti, i lombardi e gli emiliani possano godere di un effettivo maggior benessere, potendosi avvantaggiare di una quota cospicua di risorse che, invece, dovrebbero essere destinate alla redistribuzione sul territorio nazionale, ma al di là di ogni rilievo circa la violazione del principio di solidarietà sociale ed economica, al crollo sociale ed economico dei territori svantaggiati, non può che conseguire una crisi dell’intero sistema Paese.


Già oggi il divario è molto forte: Lo Stato spende per un cittadino del Centro-Nord 17.621 Euro, mentre per un cittadino meridionale 13.613 Euro. Pertanto, se lo Stato volesse spendere la stessa cifra pro capite senza togliere risorse al Nord, dovrebbe mettere a bilancio circa 80 miliardi in più per il Sud.

Ciò concretamente significa che il divario si aggraverebbe ulteriormente, con l’arretramento della presenza dello Stato: ovvero meno ospedali, meno scuole, meno infrastrutture, meno asili, meno musei e università, laddove già oggi mancano e nessuna perequazione sarebbe possibile.

L’autonomia differenziata da una parte contraddice e nega il principio di eguaglianza formale e sostanziale, dall’altra frammenta la naturale unitarietà funzionale delle infrastrutture del Paese, beni comuni della Repubblica, e dunque essa, anche al di là della disuguaglianza delle risorse economiche, crea disuguaglianze formali e sostanziali ed incide sulla funzionalità (e sulla competitività) delle grandi infrastrutture logistiche. Si pretende di regionalizzare la vera e propria “spina dorsale” del Paese, la scuola statale, sostituendola potenzialmente con 20 sistemi scolastici differenti, attribuendo alle Regioni la potestà legislativa sull’intera materia: sulle norme generali, sulle assunzioni del personale, sulla valutazione, in tema di formazione. Insomma, sul come e sul cosa insegnare.

Si tratta di un approccio modesto ed egoistico verso una serie di funzioni che, al contrario, dovrebbero rappresentare uno strumento dell’interesse generale. La configurazione di sistemi scolastici a marce differenti segnerebbe inevitabilmente il passaggio da una scuola organo dello Stato unitario e garante di un livello di istruzione analogo in tutte le regioni italiane, ad un sistema strutturalmente disuguale che forma studenti di serie A e di serie B.


In un tempo, più di altri, in cui la disgregazione e l’allontanamento dalle grandi istituzioni democratiche per smanie e tendenze machiste porta a isolamento e sfibramento, abbiamo affrontato e vissuto l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, la quale si è trovata a dover affrontare una pandemia in solitaria, un mai così frenetico e disordinato ricambio istituzionale, una costrizione del mercato europeo, il 58% della popolazione che oggi voterebbe per stare all’interno dell’Unione Europea, e tra altri e vari elementi un dato preminente: l’iscrizione ai propri atenei universitari da parte di studenti europei di fatto dimezzata.

Avremmo dovuto imparare da questa nefasta scelta, perché si crea dunque, soprattutto, una questione di opportunità, dove sta l’opportunità e l’investimento nel futuro di una nazione che atrofizza la propria appetibilità e il proprio afflusso culturale, dove sta l’opportunità, quindi, nel picconare l’unità di intenti e dei destini di una popolazione e di una istituzione per la frenetica affissione di bandierine da campagna elettorale permanente, da miti federalisti da sguainare o da storie pronte da confezionare e spedire all’elettorato del futuro. Nella politica della rivendicazione, della rappresentazione superiore alla realtà, diventa importante preservare la sostanza con maggiore puntualità e aprioristicamente rispetto a quella che è la velocità della strumentalizzazione.

Dove sta quindi, l’opportunità, in un’Italia divisa di fronte alla guerra alle porte, perché come dicevo in premessa la guerra è sempre alle porte, e a quelle di ognuno, anche quando sembra lontana. Nella stessa politica dell’apparenza, o del “clima d’opinione” come dice la storiografia, con che autorevolezza si presenta in diplomazia un’istituzione mortificata? E chissà con quale autorevolezza si presenta in diplomazia chi pone il segreto di Stato, come questo governo, sulle proprie forniture di armamenti per paura che quella stessa rappresentazione politica non gli si ritorca contro. Ora quindi, se non si è più in grado di farne una questione di sostanza, è ora di sostanziarne l’apparenza, perché la guerra si serve delle fratture come la gravità dello scarso calcestruzzo, chissà che nel giocare con le rappresentazioni non ci si ritrovi la realtà.

Mi chiedo questa Unità dove si possa trovare se non nei momenti di crisi, se non nella vicinanza all’estinzione, e per di più per molteplici motivi come il riscaldamento globale, una condanna non un rischio, e l’attualissimo sciagurato rischio della guerra mondiale nucleare. Sarà bene guardarsi attorno e capire qualcosa in più di come ci si guarda, per capire che questa richiesta di autonomia non riguarda solo l’Italia, per capire che la guerra non riguarda solo l’Ucraina, per capire che il riscaldamento globale non riguarda solo qualche isola del Pacifico o le nostre valigie per le vacanze.

Per tutto questo sarà bene guardarsi attorno. E la nostra Associazione può e deve guardarsi attorno e per questo può e deve svolgere un ruolo importante. Gramsci diceva: "Ha cultura chi ha coscienza di sé e del tutto, chi sente la relazione con tutti gli altri esseri.


Basta tenere gli occhi aperti, curiosi su tutto e tutti, penetrare la vita con tutte le nostre forze di consapevolezza"

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