Intervento ANPI Provinciale di Parma
52° anniversario dell’omicidio di Mariano Lupo (1972-2024)
Parma, 25 agosto 2024 Stefano Cresci
Carissimi amici, carissimi compagni,
permetteteci di iniziare con alcuni saluti e ringraziamenti.
Intanto al Sindaco di Parma, Michele Guerra. La città è decorata con la medaglia d’oro per lo straordinario apporto durante la guerra di Liberazione.
È molto significativa la sua presenza qui, oggi.
Alle organizzazioni, movimenti e le associazioni antifasciste, ai rappresentanti e agli attivisti dei partiti e dei sindacati intervenuti, e a tutti voi per aver scelto di esserci e condividere questa raccolta e significativa commemorazione.
Lasciamo per ultimi, ma non certamente per importanza, i famigliari di Mariano.[...]
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Credo sia importante oggi, in occasione dell’anniversario della sua morte, partire invece dalla vita di Mariano Lupo.
Mario e la sua famiglia arrivarono nella seconda metà degli anni Sessanta, quando pressante era la richiesta di lavoratori per iniziare le opere edilizie della nuova città, negli anni del boom delle costruzioni, dei piani di edilizia economica residenziale e delle trasformazioni urbane.
I desideri di Mario erano quelli di un ragazzo diciannovenne che, partito da un piccolo paese dell’entroterra siciliano, arrivava in una città del nord per cercare condizioni di vita migliori per sé e la sua famiglia e, in senso lato, costruire una società più giusta e umana. Queste idee erano condivise da tanti operai, disoccupati, studenti e, anche dagli stessi partigiani, che si trovavano insieme per praticare obiettivi di solidarietà, difesa e ampliamento dei diritti. Nell’estate del 1972 l’Italia era un Paese in piena trasformazione, attraversato da un esteso risveglio sociale, dalla presa delle piazze di migliaia di giovani. Mariano era uno di quei giovani.
In quei tempi di grandi trasformazioni, subentrava poi un ulteriore problema molto grave: il neofascismo in quegli anni vedeva Parma, città simbolo dell’antifascismo grazie ai fatti successi 50 anni prima con le Barricate e, successivamente, con la Lotta di Resistenza, un bersaglio da colpire.
Vi era l’idea di fomentare la paura e l’insicurezza nell’opinione pubblica – attraverso bombe in banche, piazze e treni – per favorire una svolta antidemocratica, per reprimere quella partecipazione politica e disgregare quella ancor giovane democrazia. Dentro questo nefasto disegno fu lasciato ampio spazio ai gruppi neofascisti aventi la violenza come elemento centrale del loro agire politico, a latere del Movimento sociale italiano ma da esso, in alcuni casi non controllabili o spesso tollerati, che si muovevano con aggressioni, pestaggi e piccoli attentati.
In questo quadro si colloca il fatto tragico che ricordiamo oggi.
"Mario, operaio immigrato comunista, ucciso dall’odio e dalla violenza dei fascisti”: con queste parole la targa posta sul luogo dell’omicidio, racconta ciò che accadde a Mariano "Mario" Lupo.
La sera del 25 agosto 1972, all’ingresso del Cinema “Roma” a Parma, venne aggredito, accoltellato e ucciso da un gruppo di neofascisti. L’omicidio era volontario e la matrice era inequivocabilmente inseribile nella violenza politica neofascista, come decretò la sentenza in via definitiva.
La città restò attonita ma reagì con vigore e gli stessi funerali furono un’enorme risposta democratica e antifascista. In Piazza Picelli, nel cuore del quartiere popolare dell’Oltretorrente, Giacomo Ferrari - il vecchio sindaco comunista e comandate partigiano “Arta”- tenne l’orazione funebre davanti alle bandiere a lutto di tutti i partiti, ai gonfaloni delle associazioni democratiche e dei comuni, agli striscioni del movimento di fronte a una folla impressionante per la nostra città.
Anche nel 1973, l’Avvocato Primo Savani – partigiano e politico molto conosciuto - allora presidente dell’ANPI commemorò in un comizio “la figura del giovane Lupo”.
L’assassinio di Lupo si inseriva in una lunga scia di omicidi di militanti dei movimenti in Italia ed è il culmine delle aggressioni promosse nella nostra città. In questo senso, giustamente, all’epoca, si disse che la morte di Lupo era in qualche modo “annunciata”: tra il 1968 e il 1972, le minacce, gli agguati, le violenze e le esplosioni di matrice neofascista ebbero una notevole ascesa.
Il processo d’appello si concluse il 15 giugno 1976, ad Ancona, con un inasprimento delle pene per i colpevoli, già riconosciuti colpevoli in primo grado. Secondo i giudici, l’aggressione era stata “decisa, preordinata ed attuata da una sola parte contro l’altra che si limitò, peraltro con scarsissima efficacia, a difendersi”. Nella sentenza definitiva si legge ancora: “Non possono dunque esservi dubbi sul fatto che, i giovani missini, quella sera, avevano in animo di fare qualcosa e si erano preparati in tal senso”.
In quel fatto tragico si ritrovano molti dei protagonisti di quella fase storica: un piccolo gruppo di picchiatori della destra radicale, armati di coltelli, già conosciuti alla Questura per le loro azioni squadriste; un giovanissimo operaio, immigrato dal Sud in cerca di riscatto, attivista della sinistra rivoluzionaria di Lotta continua che sognava, insieme ad altri giovani, un mondo diverso; una città, distintasi per il suo antifascismo, che vide nella morte di quel giovane il perpetuarsi del sacrificio di altri suoi figli nella Lotta di Resistenza.
Anni inquieti, pieni di sangue dove le battaglie politiche venivano combattute purtroppo anche con la violenza, ma la Repubblica aveva “tenuto” e, grazie a quella società in fermento, alla stagione di rivendicazioni dei diritti operata da quei tanti giovani, e ai rappresentanti politici di indubbia qualità, provenienti ancora in larga parte dalla Resistenza, si era concretizzata una grande stagione di conquista dei diritti civili e sociali.
In un decennio si approveranno varie leggi fondamentali come lo Statuto dei lavoratori, nel maggio del 1970, e a dicembre dello stesso anno, la legge Baslini-Fortuna, che introduce il divorzio nell’ordinamento giuridico italiano. Nel 1975, con la riforma del diritto di famiglia, viene riconosciuta la parità di diritti all’interno nella coppia.
Ancora nel maggio del 1978, la Legge Basaglia, che disponendo la chiusura dei manicomi ha segnato una svolta nel mondo dell'assistenza ai pazienti psichiatrici, una cesura col passato e sulla strada della dignità. Nello stesso mese, il 22 maggio, viene approvata la Legge 194, che depenalizza e disciplina le modalità di accesso all'aborto.
La memoria di Mariano Lupo si è persa per un lungo periodo già dalla fine degli anni Settanta per ragioni storiche e politiche, per almeno venti anni, ma da qualche anno si è deciso di riportare Mariano Lupo e quel periodo storico all’attenzione della città di Parma.
La nostra storia è un patrimonio da non disperdere proprio per la nostra gente.
Crediamo essenziale fare memoria perché molto spesso, anche in forme diverse, la storia si ripete e la consapevolezza di ciò che è stato, è l’unico vero antidoto per difendere la nostra democrazia e contrastare pericolose derive di odio, di violenza e prevaricazione, di razzismi e discriminazioni, lottando per la realizzazione concreta della nostra Costituzione e di un Paese con minori disuguaglianze socioeconomiche e una rinnovata giustizia sociale.
Per far ciò è certamente necessario far comprendere ai nostri concittadini, in particolare ai più giovani per varie ragioni comprensibilmente delusi, che l’impegno politico è la più alta forma di servizio alla Comunità. La politica, quindi, può e deve divenire lo strumento democratico fondamentale per creare una società diversa, a patto che si costruiscano le fondamenta necessarie: consapevolezza, conoscenza storica e capacità critica di valutazione dei contesti.
Questi sono gli obiettivi prioritari da perseguire in un quadro politico nazionale e internazionale incapace di rispondere alle enormi sfide che sono dinnanzi a noi, che non ha saputo neppure evitare il ritorno della guerra in Europa e altri conflitti altrettanto sanguinosi che funestano questo mondo. La nostra fallimentare società neo-consumistica dominata dalla grande finanza e da piccoli, grandi o grandissimi centri di potere, che si nutrono delle divisioni sociali e alimentano le disuguaglianze, sta provocando guerre e miserie in un dejà-vu intollerabile.
L’idea di società competitiva che produce scarti, soprattutto umani, povertà dilagante e alimenta la violenza tra gli strati più poveri della popolazione non può rappresentare il futuro di questo Paese e del mondo.
Voglio esser chiaro oggi. Esiste grande preoccupazione per la proliferazione di organizzazioni neofasciste e neonaziste che dovrebbero essere immediatamente sciolte in base alla Legge, ma ancor più preoccupano tentativi sempre più evidenti di negazione, equiparazione o edulcorazioni della nostra storia recente e le riforme costituzionali tese a distruggere la Carta costituzionale in profondità, nella sua essenza vera, operate da forze politiche che non fanno mistero di rifarsi ad una destra reazionaria, già conosciuta tragicamente in questo Paese.
Le responsabilità che ci attendono sono molte, l’obiettivo è difficile da raggiungere ma non possiamo sottrarci a questa responsabilità. Dobbiamo riprendere dalla nostra storia e dai valori della Repubblica e riportare all’impegno tante persone deluse e indifferenti.
Mariano sarebbe stato ancora qui con noi a lottare quotidianamente per un lavoro che sia dignitoso e rappresenti un modo per riscattarsi socialmente, contro le discriminazioni vergognose di genere e i razzismi, per l’accesso all’istruzione e a un potenziamento del Sistema culturale veramente inclusivo, per la preservazione dell’ambiente e la difesa di una Sanità pubblica universalistica. In altre parole, un Paese più umano e giusto dove le persone siano veramente al centro del dibattito pubblico.
Credo che, come molti giovani inascoltati anche oggi, si impegnerebbe ancora e per questo Mario, così veniva chiamato dagli amici, vive con noi nell’impegno di tanti giovani e meno giovani che cercano di costruire un mondo migliore in cui vivere. Il nostro.
Ciao Mariano.
Ora e sempre (più) Resistenza.