Carlo Ghezzi
vice Presidente vicario nazionale Anpi
Porto il saluto dell’Anpi alle autorità civili e militari, ai rappresentanti dell’associazionismo resistenziale e combattentistico e a voi tutti che siete qui convenuti. Oggi ci incontriamo per commemorare l’efferata strage del primo settembre del 1944 e per ricordare un terribile contributo pagato da sette antifascisti parmensi impegnati a ridare la libertà e la dignità al nostro paese. [...]
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Il 31 di agosto del 1944 a Parma dopo che cinque antifascisti erano stati fucilati, tre giovanissimi partigiani avevano teso un agguato a Brenno Monardi, detto Bragone, il gerarca locale del partito fascista, uccidendolo. Questo evento aveva fatto infuriare la Brigata Nera locale che diede il via alla rappresaglia più crudele di cui la città di Parma abbia memoria.
La notte tra il trentuno agosto e il primo settembre la parabola di violenza culminò nell'uccisione di sette antifascisti, prigionieri da giorni nella sede della Brigata Nera di via Walter Branchi. A lungo Giuseppe Barbieri, Afro Fanfoni, Vincenzo Ferrari, Gedeone Ferrarini, Eleuterio Massari, Ottavio Pattacini e Bruno Vescovi vennero sottoposti a torture indicibili, a violenze bestiali, a sevizie crudeli; vennero infine portati in Piazza Garibaldi e fucilati.
Dopo l’esecuzione i loro corpi vennero lasciati esposti insepolti al sole rovente d’agosto con il divieto di rimuoverli.
Quei drammatici avvenimenti imitarono l’analoga strage attuata a Milano in Piazza Loreto il 10 agosto delle stesso anno con la fucilazione di 15 antifascisti. Questi obbrobri dovevano rappresentare un orribile monito a coloro che intendevano contrastare la truce Repubblica di Salò e i sui padroni nazisti. Questo è quanto accaduto a Parma nella città che nell’estate del 1922 aveva saputo resiste-re alle squadracce fasciste di Italo Balbo.
Ma a Parma Livia Rosset, la moglie di Eleuterio Massari una delle sette vittime, spinta dal coraggio e dalla disperazione nelle prime ore del mattino si recò a recuperare il corpo ormai irriconoscibile del marito. Sfidando i divieti dell'autorità lo caricò su un carretto e lo riportò a casa attraversando i borghi dell’Oltretorrente intenzionata a dargli una degna sepoltura.
Quella donna, nel momento più terribile della propria esistenza, seppe dimostrare con quel suo atto una straordinaria dignità di fronte all’abominio e all’infamia dei fascisti scrivendo una pagina grondante di dignità che rimane nella storia della Resistenza
Dopo venti mesi nel corso dei quali il movimento resistenziale ha supportato gli alleati Anglo-americani nel contrastare i nazifascisti e dopo uno straordinario tributo di sangue e di dolore che hanno portato alla sconfitta dell’esercito più forte del mondo l’Italia insorgeva e si liberava e la terribile seconda guerra mondiale giungeva al suo termine. Si aprivano nuove speranze per una umanità senza guerre, senza genocidi, senza razzismi.
Noi però non possiamo dimenticare le gravi colpe delle quali si sono macchiati in passato gli Italiani. Non possiamo dimenticare che il fascismo è stato portato in Europa proprio dal nostro paese e che il regime, dopo aver soppresso le libertà democratiche usando la violenza e insinuandosi nelle divisioni tra le forze antifasciste, aveva imprigionato o ucciso i propri avversari politici a partire da Giacomo Matteotti, aveva promulgato le ignobili leggi razziali, aveva promosso sanguinose guerre coloniali connotate da tante stragi perpetrate in Africa e poi in Jugoslavia e infine aveva scatenato il secondo conflitto mondiale a fianco di Hitler trascinando l’Italia nel baratro.
Non possiamo dimenticare che alla fine del 1942 dopo che Stalingrado aveva resistito all’assedio tedesco e dopo che Rommel era sconfitto in Africa tutta l’Italia comprese che la guerra era persa e si interrogò su come uscire da quella tragedia. Si interrogò l’esercito, la Chiesa, la Corona, l’imprenditoria, gli intellettuali, una parte dello stesso fascismo. Purtroppo si interrogarono in tanti ma non si mosse nessuno. Si mobilitarono solo i lavoratori con i grandi scioperi del marzo 1943 e con quelli ancor più imponenti della primavera del 1944 che impressionarono la grande stampa internazionale che ne scrisse titolando a caratteri cubitali.
I lavoratori diedero con quelle azioni un colpo formidabile al fascismo e a Mussolini disvelandone le debolezze, seppero svolgere una funzione nazionale e seppero prendere nelle loro mani il destino del paese.
Sappiamo quanto assurda sia la descrizione che taluni commentatori ci propongono per denigrare la Resistenza cercando di dipingere una Italia dove vi sarebbero stati pochi fascisti, pochi antifascisti e una massa grigia, inerte, indifferente composta dalla stragrande maggioranza della popolazione. Una area grigia indubbiamente vi è stata, ma la Resistenza fu combattuta da 270.000 partigiani che ebbero più di 60.000 morti, molti dei quali assassinati dopo essere stati sottoposti a indicibili torture.
I partigiani combattenti poterono sopravvivere perché aiutati e sostenuti dalla popolazione civile che permise loro di approvvigionarsi e di nascondersi quando era necessario. Resistenza fu la scelta di una parte importante dell’Esercito italiano di schierarsi con gli Alleati e che fu pagata con terribili massacri come quello di soldati italiani a Cefalonia.
La Resistenza fu sorretta dai 650.000 militari italiani che si trovavano sui diversi fronti all’estero e che vennero internati nei lager tedeschi perché si rifiutarono di andare a servire la Repubblica Sociale di Salò e ben 50.000 di loro vi trovarono la morte. Pensate quanto più sangue sarebbe stato versato dai resistenti e dagli alleati Anglo-Americani se quei soldati avessero fatto una scelta diversa.
La Resistenza fu sostenuta dai numerosissimi comitati del Comitato di Liberazione Nazionale che si formarono nei quartieri e nei paesi del Centro-Nord dell’Italia, fu sostenuta dalla rete dei militanti del Cln operanti nei luoghi di lavoro, dal contributo dato da tante parrocchie; non possiamo dimenticare i 250 sacerdoti deportati e i 210 sacerdoti che vennero fucilati rei di difendere dalla barbarie i loro parrocchiani. 40.000 italiani sono stati deportati e uccisi nei campi di sterminio.
Con la Resistenza erano solidali tantissime famiglie angosciate per i loro cari al fronte a combattere una guerra perduta e coloro che erano stati inviati sotto le armi furono oltre 4 milioni e mezzo. Contro la guerra erano coloro che soffrivano per la mancanza dei generi di prima necessità con i prezzi che salivano alle stelle con una inflazione del 344 per cento in città sottoposte notte dopo notte ai bombardamenti.
Molti lavoratori vennero brutalmente deportati in Germania per alimentare le traballanti capacità produttive della macchina bellica tedesca e molti altri furono colpiti nella fase finale della guerra per la loro scelta di difendere gli impianti industriali, le grandi infrastrutture del paese, i porti, le centrali elettriche, le gallerie e i ponti dalla furia e dalla vendetta dei nazisti in fuga. Resistenza furono il milione di scioperanti del marzo del 1944. Sommiamo questi numeri e ci rendiamo conto di quanta parte del popolo italiano chiedesse la fine della guerra, della occupazione straniera, il ritorno alla democrazia, alla pacifica convivenza civile, ad una maggior giustizia sociale, alla pace.
La Resistenza vittoriosa ha portato il nostro paese alla elezione della Assemblea Costituente varata anche con il voto delle donne che promulgò la Costituzione dove sta scritto al primo punto che “L’Italia è una Repubblica de-mocratica fondata sul lavoro”.
Una Costituzione che va applicata integralmente. Che va difesa dagli attacchi che continua a subire e che va fatta vivere nella sua pienezza e nelle sue potenzialità.
Quando nel 1945 è terminato il conflitto in Europa i resistenti di tutti i paesi dichiararono solennemente: “mai più guerre, mai più persecuzioni razziali”.
Purtroppo la storia è andata da una altra parte, Guerre e persecuzioni sono apparse in forme e modalità impressionanti e il mondo stenta ad individuare un equilibrio solidale e condiviso nella sicurezza di tutti.
Non possiamo dimenticare che ci sono crimini che moralmente non cadono mai in prescrizione e che vi sono valori imperituri fondanti la nostra civiltà: gli uni e gli altri non potranno essere mai confusi anche se sono trascorsi da allora molti anni.
La pietà vale per tutti coloro che sono morti ma non sarà mai ammissibile porre sullo stesso piano coloro che si sono battuti per la libertà e per la democrazia con coloro che si sono battuti perché prevalesse il nazi-fascismo e i suoi orrori.
Sappiamo che senza memoria del proprio passato, senza coscienza del proprio presente un popolo non va da nessuna parte e rischia di ricadere nei drammi dai quali è faticosamente uscito.
Bisogna invece ricordare, analizzare, capire, far sì che gli errori e gli orrori non si ripetano; anche per questo siamo qui oggi a Parma.
Sono trascorsi tanti anni dalla fine del secondo conflitto bellico mondiale, la nostra società ha fatto indubbiamente tanti passi in avanti ma nuove sfide ci incalzano.
Oggi è in corso nel mondo un terremoto politico e sociale con l’intrecciarsi della crisi economica con quella pandemica, con quella ambientale, con migrazioni bibliche dalle aree più povere del mondo e con una crisi della democrazia che spinge milioni di persone ad estraniarsi da un percorso partecipativo con il crescere dell’astensionismo che lascia spazio a pulsioni con caratteri eversivi che si mani-festano in Europa come nelle Americhe.
Il tutto sotto la cappa terribile di una guerra scatenata da Putin nel cuore dell’Europa con l’invasione della Ucraina seguita dall’esplodere della guerra in Medio Oriente.
L'attacco folle e irresponsabile di Hamas contro Israele ha creato orrendi lutti e immani devastazioni e ha innescato una terribile reazione attivata del paese aggredito.
Condanniamo senza titubanza alcuna l’ignobile e brutale atto di aggressione di Hamas contro la popolazione civile israeliana, contro anziani, bambini e donne in spregio di ogni elementare senso di umanità e di civiltà. Al sangue versato si è aggiunta la barbara pratica della cattura di ostaggi.
Ma non possiamo negare un senso di angosciante impotenza davanti alla squilibrata risposta del Governo di Israele, alla mattanza che sta avvenendo a Gaza con il massacro di oltre 40.000 persone. Una guerra sanguinosa che bisogna assolutamente fermare. Occorre far cessare i combattimenti e i massacri in corso con l’avvio dell’azione diplomatica che sappia avviare trattative concrete, ricercare un accordo condiviso, una pace giusta per due popoli e due Stati. In tale contesto l'Unione Europea e i suoi Governi appaiono incredibilmente inerti ed avvertiamo la loro palese rinuncia ad avere un proprio autonomo ruolo, una propria capacità di iniziativa.
Gli orrori della seconda guerra mondiale paiono non averci insegnato niente; il sonno della ragione seguita a generare mostri.
Bisogna fermare la guerra, le bombe, i morti, le tragedie.
Dalla piazza di questa città innalziamo le nostre preoccupate voci; lo facciamo noi che siamo gli eredi di coloro che seppero sconfiggere il nazionalismo del fascismo e del nazismo; noi che siamo gli eredi di coloro che in quella terribile stagione si batterono per costruire un mondo di libertà, di giustizia e di pace. Chiediamo atti di responsabilità e di saggezza.
Il delirio bellicista che sembra dilagare va sconfitto dalla forza tranquilla di paesi e di popoli che sanno che la guerra, oltre a lacrime, sangue e devastazioni porta solo alla sconfitta di tutti come ripete inascoltato Papa Francesco. Occorre rilanciare una politica di convivenza pacifica e con essa rilanciare l’antifascismo e la tolleranza, occorre contrastare il razzismo e la xenofobia, l’antisemitismo e l’anti-islamismo, l’omofobia e il disprezzo per coloro che sono diversi. Siamo allarmati.
Abbiamo bisogno di idealità alte, di riferimenti e di valori forti come li seppero costruire e testimoniare quelle persone che seppero scegliere di schierarsi dalla parte giusta tra il 1943 e il 1945 esprimendo la loro rivolta morale con grande co-raggio. Abbiamo bisogno di rinnovare le loro speranze. Anche i loro sogni.
Abbiamo bisogno di giovani, di donne e di uomini capaci di indignarsi di fronte alle ingiustizie, alla carenza di democrazia, di libertà, di pace. Ripartiamo allora dalla memoria di coloro che si sono battuti per ridare la libertà a chi c'era, a chi non c'era e per garantirla anche a chi si batteva contro.
Ripartiamo dalla memoria di quegli uomini e di quelle donne cui dobbiamo moltissimo e davanti a loro inchiniamo le nostre bandiere.
Viva la fratellanza tra i popoli.
Viva la Resistenza.
Viva la Costituzione italiana.
Viva la Repubblica antifascista.
Viva la pace.